martedì 16 aprile 2013

Zuckerberg lancia Fwd.us: Lobby o forza politica?

Ormai è questione di giorni. La commissione bipartisan voluta dal presidente Barack Obama renderà presto note le linee guida del disegno di legge sull’immigrazione. In ballo non c’è solo la regolarizzazione di 11 milioni di lavoratori, che per il momento vivono negli U.S.A. senza visto, ma anche la possibilità di attrarre nel paese nuovi skilled workers.

La selezione di un flusso migratorio di lavoratori qualificati, insieme ad un sicuro controllo delle frontiere, è un aspetto che sta molto a cuore anche all’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg. Il giovane imprenditore ha infatti deciso di mettersi in gioco con azioni di political advocacy dando vita ad un gruppo (Fwd.us) che ha l’obiettivo, attraverso l’interazione di strumenti online e offline, di fare pressione sulla politica istituzionale.

A sostenere la causa ci sono anche il cofondatore di LinkedIn, Reid Hoffman, e quello di Zynga, Mark Pincus, oltre ai venture capitalist John Doerr e Jim Breyer e Ruchi Sanghvi di Dropbox. Si presume che si siano già investiti 25 milioni di dollari per la creazione del gruppo, ciò in opposizione alla filosofia di una parte della rete che crede nella possibilità di sostenere azioni politiche attraverso campagne di microfound-raising dal basso.

Tuttavia il progetto è partito con un “piccolo” incidente. In fase di start-up, il quotidiano il Politico, ha intercettato una mail di Joe Green, un collaboratore di Zuckerberg, inviata ai leader dell’industria high-tech, nella quale cercava di convincerli a partecipare a Fwd.us con affermazioni non proprio trasparenti: “siamo una forza politica perché controlliamo i canali di distribuzione di massa”; “siamo forti perché siamo ricchi”.

Il leader di Facebook, provando a relativizzare l’accaduto, ci ha tenuto a far sapere che la natura della sua iniziativa non ha carattere lobbistico e che è rivolta a tutelare i più deboli. Inoltre ha sottolineato che Fwd.us non si fermerà alla legge sull’immigrazione, ma si farà presto promotore di nuove proposte.

Questa vicenda ci spinge a sollevare almeno tre interrogativi. Il primo di carattere più generale inerente il gruppo creato da Zuckerberg; gli altri due inerenti la prima campagna che ha deciso di lanciare:

1.Le istanze che Fwd.us di volta in volta sceglierà di promuovere emergeranno dalla condivisione di conoscenze degli utenti su Facebook e altri canali? O saranno “create” dai fondatori attraverso l’intervento di esperti di marketing virale?

2.Il tono della campagna sull’immigrazione infondo è molto generico, si riassume in una proposta blandamente riformista e “semplice”, che non disturba il grosso dell’opinione pubblica e in linea con il moderatismo bipartisan di Obama. Se la modalità di far sentire la propria voce sono queste, dove starebbe l’apporto critico e innovativo che dovrebbe supportare i processi decisionali istituzionali?

3. Quando si parla di “sicurezza delle frontiere”, si allude forse ad una maggiore militarizzazione della frontiera con il Messico? Finora tale modalità di far fronte ai flussi migratori, nonostante l’elevato numero di espulsioni, si è rivelato insufficiente. Forse a Zuckerberg, come a Obama, sfugge l’interdipendenza del fenomeno migratorio con le relazioni economiche e l’ingerenza politica che il governo U.S.A. ha sempre adottato nei confronti del Messico.

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