giovedì 18 aprile 2013

Berlusconi "burattinaio" della politica italiana, Bersani, grazie!

Matteo Renzi, il “rottamatore” dalla battuta pungente, per bocciare Franco Marini al Colle va oltreoceano: “Ve lo immaginate Franco al telefono con Obama?”. Ma il sindaco di Firenze non ce l’ha con il lupo marsicano, ex abile e furbo democristiano come lui: coglie al volo l’opportunità di prendere due piccioni con una fava (Bersani e Berlusconi), spuntando le unghie a Grillo, presentandosi come il leader incontaminato che volta pagina, chiudendo l’era della seconda Repubblica, quella del berlusconismo e dell’antiberlusconismo più il rigurgito dell’antipolitica con il M5S imperante.
Tutto ciò sta a dimostrare l’inconsistenza delle Primarie, considerate il toccasana, e la debolezza strutturale e politica del pidì, con il suo segretario che alla fine si consegna nelle fauci di quel “giaguaro” che voleva smacchiare.

A mano di non improbabili nuovi colpi di scena di queste ore, Silvio Berlusconi torna ad essere – come prima e più di prima – il burattinaio della politica italiana, ridotta a un teatrino di terz’ordine. Qui non è in discussione l’esigenza della ricerca di una mediazione fra forze diverse per eleggere il nuovo capo dello Stato e per varare finalmente il nuovo governo. L’Italia, nel gorgo di una durissima e infinita crisi generale, ha bisogno sia di un degno sostituto di Giorgio Napolitano e sia di un premier autorevole e di un governo forte, di qualità, di svolta.

La soluzione proposta dall’inciucio fra il Cav e il segretario del Pd dà anche la misura del labirinto sempre più soffocante del Palazzo per l’incapacità dei partiti di governare il processo di crisi e di trasformazione della società italiana nell’era della globalizzazione.

Ai primi anni ’70 Aldo Moro riserva al Pci di Berlinguer la “strategia dell’attenzione” che non era però “una strategia dell’equivoco, ma il vero modo di essere della democrazia”. Non l’inciucio perché Moro ribadisce la “netta diversità ideologica fra Pci e Dc”, quindi nessuna aggiunta “deformante” della componente comunista alla maggioranza ma “confronto sì”, una sfida aperta nel Parlamento e nel Paese, sulle riforme e sul futuro dell’Italia. Subito dopo, di fronte al bivio dell’”abbraccio” con Berlinguer sull’esperimento politico ad alto rischio del Compromesso storico, Moro – con un memorabile discorso che diventa confronto e scontro nel Paese - si fa garante dell’intera Democrazia Cristiana e della sua compattezza. Idem farà Berlinguer, portando tutto il Pci nella nuova fase del rapporto inedito con la Democrazia Cristiana.

Di fronte a questi leader, il Bersani di ieri al Teatro Capranica di Roma, che propone due interventi pro e due interventi contro, e che scappa via dalla porticina secondaria per sfuggire alle ire dei contestatori, è solo un “pigmeo” della politica, un grigio burocrate logorato che mette a rischio la vita stessa del suo partito e il futuro dell’Italia.

A questo punto spetta a Matteo Renzi uscire dalle battute e dai talk show televisivi, per portare fino in fondo la sua battaglia politica nel Pd, ridotto a un pentolone rissoso e inutile. Meglio ripartire per rinascere che aspettare di perire dopo lunga agonia.

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